83. rocznica wybuchu II wojny światowej. List Karola Nawrockiego, dyrektora Polskiego Instytut Pamięci Narodowej

W 83. rocznicę wybuchu II wojny światowej publikujemy list w języku włoskim Karola  Nawrockiego, dyrektora Polskiego Instytut Pamięci Narodowej.

Dalle indennità di guerra alla riconciliazione

Berlino reagisce in modo allergico a ogni menzione delle riparazioni di guerra. Intanto,
il pagamento di esse costituirebbe una pietra miliare e un’opportunità per la Germania
di realizzare la piena riconciliazione tedesco-polacca.

Karol Nawrocki
Presidente dell’Istituto della Memoria Nazionale.

“Uccidevano in modo insolente, senza alcuno scrupolo” – Winicjusz Natoniewski racconta
con emozione. Aveva solo sei anni quando, il 2 febbraio 1944, i tedeschi bruciarono il suo
villaggio natale di Szczecyn, nella regione di Lublino. La stessa sorte toccò a diversi villaggi
vicini sospettati di sostenere i partigiani. In totale, quel giorno furono uccise da 800 a 1.300
persone, tra cui donne e bambini. Fu una delle più brutali operazioni di “pacificazione”
condotte dai tedeschi nelle aree rurali della Polonia occupata.

Natoniewski sopravvisse, ma rimase gravemente ustionato. Le cicatrici gli sono rimaste per
sempre, così come il trauma. “Dice che è una questione rimasta in sospeso nella sua vita” –
spiega la figlia Bożena. Al padre non fu concesso lo status di invalido di guerra perché non
rientrava nei criteri previsti dalla legge. Non ricevette benefici dai fondi della Fondazione per
la riconciliazione polacco-tedesca, perché il sostegno era previsto solo per alcune categorie di
vittime. Sapendo di non avere la minima possibilità di ottenere un risarcimento davanti a un
tribunale in Germania, citò lo Stato tedesco in un tribunale polacco. Tutto invano – la Corte
Suprema si avvalse dell’immunità della Germania. Non servì nemmeno il ricorso alla Corte
europea dei diritti dell’uomo: la Corte non accettò nemmeno di esaminare il caso.

Il caso Natoniewski lo dimostra chiaramente: non si può dire che la Germania si sia resa
pienamente conto della Seconda guerra mondiale. In occasione delle varie celebrazioni
dell’anniversario, i politici tedeschi pronunciano sempre belle parole sulla speciale
responsabilità storica del loro Paese. A quanto pare, però, non si tratta – se non contiamo i
piccoli gesti, spesso forzati – di una responsabilità materiale. Perché quando si tratta di fatti
concreti, si ricorre ai trucchi giuridici, a un indegno gioco di attesa, prescrizione e oblio.

Dopo l’istituzione della RFT, i risarcimenti individuali alle vittime del nazismo tedesco
inizialmente non si estendevano ai cittadini polacchi. I pagamenti successivi alle vittime di
esperimenti medici o ai lavoratori forzati devono essere considerati simbolici sullo sfondo
della gigantesca catastrofe che i tedeschi inflissero ai polacchi tra il 1939 e il 1945. Per dirla
in modo brutale, i benefici furono concessi a coloro che avevano vissuto abbastanza a lungo e
rientravano nel gruppo “giusto” di vittime. E anche loro, a volte, ebbero la sensazione di
ricevere solo un’elemosina.

Una partita simile si sta giocando sui risarcimenti di guerra, cioè sui risarcimenti non più
dovuti alle singole vittime, ma alla Polonia come Paese attaccato e brutalmente occupato dalla
Germania. I governi che si stanno succedendo a Berlino stanno cercando di convincere il
mondo che la questione è giuridicamente chiusa. Gli stessi politici che sono felici di appellarsi
quotidianamente alla moralità, in questo caso parlano il linguaggio dei paragrafi senza cuore.
Cercano strenuamente di spiegare perché non devono pagare le riparazioni. Evitano invece in
tutti i modi di rispondere alla domanda sul perché non vogliono pagare.

A volte si sostiene che le riparazioni siano un vicolo cieco: dopo la Prima guerra mondiale
gettarono la Germania nella crisi e indirettamente spianarono la strada all’ascesa al potere di
Adolf Hitler. Come storico, non posso condividere questa analogia. Oggi la Germania è la più
grande economia dell’Unione Europea, incomparabilmente più forte e più resistente alle crisi
rispetto ai tempi della Repubblica di Weimar, prima della guerra. Pochi sanno che le
riparazioni per la Prima guerra mondiale furono rimborsate dalla Germania fino al 2010, il
che non impedì loro di costruire un Paese prospero.

A volte sento anche dire che quasi tutta l’Europa subì gli effetti della Seconda guerra
mondiale e che, se tutti i governi ora chiedessero risarcimenti, non ci sarebbe fine alle
richieste. Chi invoca un’argomentazione del genere evidentemente non conosce le specificità
dell’occupazione tedesca delle terre polacche, incomparabilmente più terribile di quella
dell’Europa occidentale. Quasi 6 milioni di vittime, lo sterminio di massa nei campi di
concentramento, le esecuzioni mostruose e segrete, lo sfollamento forzato, il saccheggio dei
beni culturali, la demolizione deliberata delle città e l’incendio dei villaggi: tutto questo non
solo ha lasciato profondi strascichi, ma ha anche comportato perdite orrende, che possono
essere calcolate con una certa precisione. Nessuno dei nostri antenati, che furono uccisi negli

anni della Seconda guerra mondiale o che comunque subirono atrocità in quel periodo, ci dà il
diritto, in suo nome, di fare una completa abolizione di tutti quei torti perpetrati dai tedeschi.

Sì, la Germania è il nostro vicino con cui, nel XXI secolo, vogliamo costruire buone relazioni
come partner nella NATO e nell’Unione Europea. I risarcimenti di guerra furono una pietra
miliare di questo percorso, un atto di giustizia materiale e dura. Spero che anche il governo di
Berlino inizi a considerarli come un’opportunità per una vera riconciliazione tra i nostri
popoli.
Karol Nawrocki


Il testo pubblicato contemporaneamente sulla rivista mensile polacca „Wszystko Co
Najważniejsze” nell’ambito del progetto realizzato con l’Istituto della Memoria Nazionale,
Instytut Pamięci Narodowej e con la Fondazione Nazionale Polacca.




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